È morto Santo Pelliccia, Paracadutista della Folgore nella Seconda Guerra Mondiale, Leone di El Alamein. Anzi, il Paracadutista Santo Pelliccia è andato avanti.
Chi partecipa alla Festa di Specialità dei Paracadutisti di commemorazione della Battaglia di El Alamein ogni 23 ottobre non può non ricordare Santo Pelliccia, un reduce, un eroe che con semplicità passa in rassegna i reparti in armi.
Dritto e fiero nella sua uniforme desertica coloniale della seconda guerra mondiale, brevetto dorato sul petto, riservato a chi ha effettuato un lancio di guerra, o reduce della seconda guerra mondiale ha cinquanta anni di abilitazione militare al lancio con paracadute.
Dal policlinico di Anzio ove era ricoverato da tempo, è arrivato ieri all’ospedale militare del Celio con una forte polmonite e un blocco renale, per tutta la notte è stato monitorato dai medici e personale presente, ma alle 10 circa il suo cuore ha smesso di battere.
D’accordo con il generale Sganga sara’ predisposta la camera ardente e se possibile martedi mattina saranno celebrati i funerali sempre al Celio.
Un Leone della Folgore
Un uomo di piccola statura con la sua leggendaria divisa coloniale da deserto, che raccontava di aver partecipato ad una delle più sanguinose e cruente battaglie, che cambiarono il corso della storia, al cui termine persino Churchill disse che ci si doveva inchinare a quelli che erano stati i Leoni della Folgore, che nei loro stracci e senza munizioni avevano tenuti in scacco le forze corazzate inglesi.
Santo, sopravvissuto ad El Alamein, è uno dei 300 soldati, su 5000, scampati alla morte.
Impossibile ricostruire per intero la sua vita che ha il sapore antico di un’avventura.
Santo Pelliccia, Classe 1923 originario di Castelnuovo di Napoli, si arruola come volontario a poco più di 17 anni nel Regio Esercito. Viene selezionato per la Regia Scuola di Paracadutismo di Tarquinia, dove consegue il suo brevetto nell’ottobre del 1941. Da lì inizierà la sua carriera militare, in uno dei più grandi corpi d’élite italiani, quello dei paracadutisti della Folgore che furono impegnati nel teatro di guerra tra il 23 ottobre e il 4 novembre del 1942, in Africa, in Egitto e ad El Alamein. Privi di rifornimenti e di uomini, riuscirono a fronteggiare uno degli eserciti più potenti del mondo, l’esercito inglese, che vinse per la notevole quantità numerica di mezzi e di soldati, sulla divisione, che meritò per il coraggio ed il sacrificio gli onori del nemico.
I resti dei soldati italiani, impiegati in questa triste battaglia sono ancora dispersi nel deserto, e un progetto della Associazione Paracadutisti d’Italia in questi anni sta provvedendo a preservarne la ricerca e la memoria, l’epigrafe in loro ricordo riporta: “Mancò la fortuna ma non il valore”, riposano nel sacrario militare italiano di El Alamein.
Il dopoguerra nella Polizia di Stato
Santo Pelliccia rientrato in Italia, nel dopoguerra si trasferisce a Nettuno e si arruola nella Polizia di Stato, ove ovviamente non può non aderire al progetto di Scelba di un Reparto Speciale PS istituito nell’immediato dopoguerra di poliziotti paracadutisti. Quasi tutti reduci del conflitto mondiale, il Reparto iniziò l’addestramento nel 1948 presso Aversa, strutturato su 1 Compagnia Comando, 1 Compagnia Paracadutisti su tre plotoni ed una Compagnia Motocorazzata (con 1 autoblindo Staghound comando, 2 plotoni su 4 “Camionette Sahariane” AS.42 ciascuno ed 1 plotone paracadutisti motociclisti su Guzzi 500). Il reparto fu poi attivato ufficialmente il 15 Settembre 1948 a Cesena (nell’allora caserma Decio Raggi), e subito soggetto a feroci controversie sul suo presunto orientamento politico, al punto di dover presto essere ribattezzato a scopo “mimetico” come IV Reparto Celere (1 Febbraio 1950), poi come XX Reparto Mobile (15 Settembre 1951) e poco dopo trasferito a Piacenza e discolto. In tale ambito Pelliccia ottiene, tra le altre, la medaglia di Anzianità di servizio in argento dell’allora corpo delle guardie di pubblica sicurezza. Uno dei suoi più grandi crucci è che gli fu sottratta durante un furto, e mai più ritrovata.
In Polizia rimarrà fino al 1983.
La malattia
Di crucci questo grande uomo non ne aveva molti ormai, non camminava più, era ricoverato presso il Policlinico militare di Anzio, nel reparto dei pazienti a lunga degenza, nella sua stanza, la sua divisa, le sue foto ed i suoi ricordi. Ormai vedovo, sognava di poter partecipare ancora una volta alla Festa di Specialità quest’anno. Ma era anche consapevole del suo stato attuale.
“La mia vita è stata tutta bella, l’ho goduta veramente. Adesso è finita, è finita male. Mi portano dentro, mi portano fuori, mi portano a mangiare, non comando più niente.”
Il ricordo
Tanti i messaggi di cordoglio, istituzionali, dei vertici delle Forze Armate e dei semplici cittadini che hanno avuto l’onore di conoscerlo e di apprezzarne lo spirito realmente indomito.
Così, leggendo tra i tanti, emerge ad esempio uno dei tanti aneddoti: dopo il terremoto dell’Aquila, Santo Pelliccia arrivò al campo Gesso 4, a Navelli, dove i volontari, tanti giovani coraggiosi, lavoravano duro per costruire, ripulire, e sostenere la popolazione. Non poteva non esserci.
Uno di loro, racconta di questo novantenne che parlava di El Alamein, di ragazzi con bottiglie esplosive attaccate con la pece tra i cingoli dei carri inglesi, nascosti in una buca.
Invitava i volontari e dava loro una mano.
Fece flessioni con quei ragazzi all’Aquila, Santo, pompò come ogni buon Paracadutista fa, a novant’anni, infischiandosene che nelle Forze Armate di oggi è un atto esecrabile di nonnismo.
Con la forza che ragazzi di altri tempi hanno saputo mantenere, per poter raggiungere quell’angolo di cielo riservato a santi, martiri ed eroi.
Cieli blu, Paracadutista Santo Pelliccia.